Chi è Rinko Kawauchi
Rinko Kawauchi, è una fotografa giapponese nata a Shiga nel 1972.
L’ho sentita parlare nel 2018 a Camera di Torino, come ospite del Prix Pictet, premio fotografico internazionale dedicato al tema della sostenibilità.
Affiancata dalla sua traduttrice con il classico intercalare giapponese, sono riuscita a conoscerla grazie alle sue foto che parlavano da sole. Ed era proprio come mi aspettavo: modi dolci e pacati, quasi si muovesse sulla punta dei piedi.
Mi ha ricordato una bellissima descrizione che ho trovato nel libro “Sognavo l’Africa” di Kuki Galmann. Qui, infatti, la protagonista descrive una sua cara amica come una donna discreta e delicata, che è entrata nella sua vita in punta di piedi e ci è restata per sempre. Ecco, le fotografie di Rinko Kawauchi per me sono così. Sono entrate nella mia vita in silenzio, con molta discrezione, e non fuggirebbero dai miei occhi e dalla mia testa per nulla al mondo.
La delicatezza delle sue opere
Rinko Kawauchi appare sulla scena internazionale nel 2001, quando pubblica simultaneamente tre libri di fotografia: “Utatane”, “Hanabi” e “Kanako”.
In questo anno, viene conosciuta soprattutto per i suoi scatti poetici sulla vita di tutti i giorni. Scatti colmi di delicatezza, che emerge grazie alla scelta stilistica di una camera di medio formato e dalla pellicola.
Le sue fotografie vengono spesso associate agli haiku, cioè brevi componimenti giapponesi tradizionali formati da 17 sillabe. Entrambi, infatti, sono caratterizzati da un’estrema sintesi poetica da cui scaturiscono emozioni, bellezza e mistero.
I soggetti scelti dalla Kawauchi sono molto semplici, all’apparenza quasi banali. Fiori, un riflesso in uno specchietto, mani, una bolla di sapone o un bambino. Ma, grazie alla luce, alle inquadrature o al momento dello scatto, riesce a portare lo spettatore in un’altra dimensione, dove le immagini di tutti i giorni assumono un significato ed una poetica differenti.
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